Avv. Fulvio Graziotto
Ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse se la legge regionale innova durante il contenzioso
Una società proprietaria di un edificio adibito ad albergo, impugnava tutti gli atti di adozione, formazione e approvazione del PUC (piano urbanistico comunale) nella parte in cui l'edificio veniva mantenuto con destinazione turistico-ricettiva di tipo alberghiero, anziché consentirne l'uso residenziale come richiesto dalla società.
In primo grado il Tribunale Amministrativo Regionale accoglieva il ricorso, basandosi sul fatto che tanto la normativa nazionale, tanto quella regionale, attribuiva la competenza al Consiglio Comunale, mentre nel caso di specie la determinazione sui pareri e le osservazioni della società era stata assunta con delibera di giunta.
Il comune proponeva appello al Consiglio di Stato, che riforma la sentenza del T.A.R. impugnata e dichiara improcedibile il ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse.
La sopravvenuta carenza di interesse a seguito di mutamenti della disciplina normativa rimane una spada di Damocle che può rendere improcedibile il ricorso di primo grado anche in sede di impugnazione.
Se il cd. "bene della vita" a cui aspira il ricorrente non può più essere conseguito a seguito delle modifiche intervenute nelle more dei giudizi, una decisione non gli attribuirebbe alcun vantaggio, e quindi rende inutile procedere nel giudizio.
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Graziotto RE
DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2010, n. 104
Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo
Vigente al: 9-2-2017
Art. 35 - Pronunce di rito
1. Il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso:
a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;
b) inammissibile quando è carente l'interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;
c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito.
2. Il giudice dichiara estinto il giudizio:
a) se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice;
b) per perenzione;
c) per rinuncia.